La mia Russia… viaggio di un liberale nell’ex impero sovietico

Inizio dalla fine. Dal rumore impressionante e dal vociferare del popolo bue di Barcellona. Appena ritornato dal Baltico al Mediterráneo la prima cosa che noto è il contrasto pazzesco tra il “dimesso” silenzio di Riga capitale della Lettonia e “l’esuberante” caos spagnolo. E che ne dicano i catalani Barcellona è pur sempre Spagna.
Il caldo, la disorganizzazione, i cartelli mancanti la gente che ti manda da una parte e poi dall’altra ecco la grande Spagna di Zapatero, il Mister Bean de la politica (più che altro per la somiglianza fisica anche se certo aplomb anglossassone il presidente socialista lo ha).
Ma torniamo al Baltico e più esattamente a Riga città un tempo gloriosa uno dei porti del Nord che grazie alla sua posizione strategica e al fatto che congelasse più tardi degli altri è stato sempre preso di mira da svedesi, finlandesi, tedeschi ed in fine russi. Un popolo che aveva una lingua e una tradizione, un popolo sovietizzato con la importazione massiva di famiglie ucraine e russe fino a raggiungere il 40% della popolazione. Quelle famiglie russe che sono ortodosse e hanno pure un alfabeto diverso prima erano la classe dominante ed ora sono considerati “alien” cioè cittadini con un passaporto però senza cittadinanza quasi a voler far pagare loro le colpe di Stalin e delle sue purghe. Un russo in Lettonia fa una vita dimessa, vive in quartieri periferici con casermoni a 5 piani senza ascensore (il cosiddetto modello Krushov perche’ inventato dal leader di quella Unione Sovietica che doveva risistemare l’orrore Staliniano). I quartieri sono tutti uguali Imanta, Belozi e altri. Sono davvero tristi io li avevo visti in inverno con 2 gradi sottozero e la nebbia ed ora li ho rivisti in estate pieni di verde e di fiori.
Mai dare un giudizio ad una città in una giornata d’inverno.
Un russo in Lettonia ha pochi diritti se non parla lettono. Un russo in Lettonia tifa Russia e non Lettonia quando gioca la nazionale. Un russo in Lettonia frequenta locali dove sa che può trovare russi e pochi lettoni. Un lettono sempre si rivolge in lettono a un russo ma non solo.
Che problema. Le differenze sono praticamente insanabili. Etniche: slavi da una parte e caucasici dall’altra. Religiose: Protestanti Luteranesi gli uni e Cristiani Ortodossi gli altri. Linguistici: Russi di qua Lettoni di la.. Pero la convivenza è pacifica, più che altro si ignorano e si fanno qualche smorfia ma nulla più.
Intanto Riga è una bella città dal sapore pangermanico.
Pulita e ordinata. Piena di supermercati e di merci ordinate. Piena di macchine di grossa cilindrata e di qualche vestigio della vecchia industria automobilistica sovietica.
Riga è freddina quando ti accoglie. Negli autobus funziona ancora il sistema sovietico cioè quello del bigliettaio che ti viene incontro mentre stai comodamente seduto e ti strappa un biglietto di carta preso da un rotolino colorato.
Da Riga inizia il mio particolare viaggio anche interiore verso la grande Russia, verso quella nazione che praticamente può chiuderci il rubinetto del gas.

Venerdì notte.

Ancora frastornato dal viaggio del giorno precedente in cui ero partito da Valencia in treno alla volta di Barcellona e poi da li a Riga in Aereo. Vado alla stazione per prendere il Treno per andare a San Pietroburgo un tempo Leningrado città eroica.
Ovviamente visto le mie economie veramente scarse il biglietto è di terza classe. Salgo sul treno fiducioso e ho bisogno di venti minuti circa per capire dove sono. Il vagone di un treno di terza classe russa (si perché il treno è quello vecchio sovietico anche se a chiedere a loro l’hanno fabbricato in Germania quasi fosse garanzia di sobrietà e robustezza).
Il vagone è un unico elemento diviso da paretine dove sono ancorate delle brandine abbattibili corte strette e assolutamente lontane dai principi più basilari dell’ergonomia.

Ci stanno in un vagone circa 90 persone che strette iniziano dopo pochi minuti a intercambiarsi odori corporali di ogni tipo. Perché il riscaldamento a legna è acceso mantenendo il treno ad una temperatura di circa 32 gradi. Non so voi ma io a quella temperatura sudo di bestia. E pur essendo pudico mi inizio a togliere i vestiti ma non le scarpe. Questi invece si tolgono scarpe calze e indossano comode e fetide ciabatte di pelo ed iniziano a passeggiare su e giù per il vagone quasi alla ricerca di aria. Ovviamente il vagone e’ sigillato. Non circola aria. E’ fine settimana. Insomma dopo poco diventa un inferno. Devo usare una salviettina profumata davanti al naso per evitare gli spasmi. Ovviamente in un treno di terza classe e’ molto difficile trovare gente che usa “Boss” o “Acqua di Gio” ma il sospetto è che proprio il sapone venga meno.
Il treno va più o meno a 50 Km orari. Facendomi capire il perché per fare 500 Km ci impiega 12 ore. In certi momenti ho la sensazione che un ragazzino correndo lo supererebbe in velocità. Poco dopo la cosa succede davvero o quasi una motocicletta in una strada di fianco alla ferrovia ci passa a manetta. Su non c’e’ Valentino Rossi ma un vecchietto con una grossa zucca nel retro del motorino. Ed il bastardo ride pure!
Vabbe.. mentre inizio le pratiche doganali e riempio i foglietti dove ti chiedono se sei un terrorista o se sei dalla CIA. Mi voglio rovinare e chiedo un caffè.
Mi costa 50 centesimi e l’aspetto è pure invitante anche se non è proprio un espresso. Essendo poi “figlio di barista” e devoto al caffè lo assaggio con ansia e subito sono raggiunto da conati di vomito e spasmi vari. La calda pozzanghera infatti ha tutto il fondo del caffè nella tazza ed è per questo che il cucchiaino non gira. Ma cazzo. Penso. E’ amarissimo. Chiedo un’altra busta di zucchero e devo sborsare altri 5 centesimi e la mia compagna mi dice “Ciccio in Russia ora si paga tutto”.
Lei che e’ una ex sovietica convinta inizia a menarmela su come si stava bene quando c’era lui (il bolscevico di turno) che tutto era pagato e chissenefrega se non poteva viaggiare all’estero o ascoltare i beatles perché l’importante era mangiare.
Pensate che proiettavano a lei da piccola Il video di Another Brick in The Wall dei Pink Floyd dicendo: “ecco quello che fanno i capitalisti ai loro bambini: li uccidono e li tritano”. Vagli a spiegare che qua diciamo che i cinesi li bollivano prima… Si si c’era la propaganda. Ma attenzione perché la subivamo anche noi. Negozi vuoti e code interminabili? Tutte palle. Agenti di polizia segreta e KGB che ti portavano al Gulag solo se avevi una foto di Elvis? Menzogna dei capitalisti.
Il treno va lentamente verso la Russia ed arriva il confine.
Ragazzi. Come in un film soldati armati che aprono tutte le borse della gente e che ti guardano male per mezz’ora. Poliziotte, pure carine, in gonnellina e stivaletti con il tacco a punta tutte truccate che ti chiedono 5 volte da dove vieni, dove vai e perché. Ovviamente un Italiano che viaggia in terza classe è subito sospetto. Iniziano a dirmi che il mio passaporto sembra falso perché è spiegazzato e mi chiedono perché non c’e’ neanche un visto. Cazzo. Non c’e’ un visto perché in Europa non c’e’ bisogno di visti. Se vado in America non ho bisogno di visti. Se vado in Giappone non ho bisogno di visti. Il primo Visto della mia vita l’ho fatto per la Russia. Non si fidano. Chiedono di vedere altri documenti. Gli tiro fuori patente, libretto, carta di identica italiana, permesso di residenza spagnolo, tessera dell’ordine dei giornalisti, di tutto. Alla fine grazie alla mia compagna riescono a non giustiziarmi sul posto e mi lasciano proseguire.
L’episodio che fa tenerezza è quello di una nonnina. Che non ha ancora capito che l’unione sovietica non c’e’ più gli spiegano che Leningrado non si chiama così da tempo e che ci sono la Lettonia e la Russia. Lei guarda allucinata e non ci crede. Ma essendo sprovvista del visto per la Russia la invitano a scendere dal treno. Lei piange si dispera non capisce è vestita con una vestaglia di lana e il classico fazzolettino a fiori in testa. Niente da fare la fanno scendere. Tornerà indietro con il prossimo treno che passa dopo 4 ore. Rimarrà li al freddo (9 gradi) di notte.
Il treno riparte lentamente ed io mi preparo la branda pensando a come si dorme meglio all’Hyatt di Chicago o allo Sheraton di Hong Kong posti dove andavo prima, nella mia precedente vita.


Mercoledì Mattina
Mi sveglio tutto storto e pieno di dolorini vari. Mi consegnano una ciotolina con dentro tutto l’occorrente per la colazione “frugale” Russa da viaggio. Questa è completamente Gratis perché inclusa nel prezzo del biglietto.
Il vassoietto e’ composto da:

  • n.1 fetta di pane biscottato (tanto biologico quanto io sia Russo) dal sapore
  • incerto e dal peso specifico sospetto.
  • n.1 Sottiletta in una busta di plastica dal formaggio giallognolo a metà strada tra il cheddar e le sottilette Tigre.
  • n.1 Vassosio di crema al cioccolato bianco e nero tipo nutella in una confezione a cuore con su degli orsetti (vaga imitazione di Winnie de Pooh).
  • N.1 Panetto di burro
  • N.1 Bustina di zucchero (già sappiamo che una richiesta ulteriore di bustine comporta l’esborso di 5 centesimi.
  • N.1 Bustina sale e pepe
  • N.1 Tovagliolo
  • N.1 forchetta di Plastica
  • N.1 Coltellino di Plastica
  • N.1 Cucchiaino di Plastica
Mi portano anche un Te Caldo (sempre aggratis) il caffè invece si paga ma dopo quello della sera precedente non penso riprovare l’esperienza. Mi affaccio e vedo.. tante, tante, tante, betulle.. Il paesaggio Russo è così. Betulle, Betulle, Case di Legno, Betulle, Betulle. Le case di Legno sono piccole e alcune proprio carine altre sembrano li dalla notte dei tempi. Con le betulle, che in russo si chiamano, Berioska si prepara uno strano intruglio. Praticamente. Bucano l’albero con uno strumento strano. Fanno uscire “lo sciroppo” e poi aggiungono acqua e zucchero. Ed è pure buono. C’è gente che afferma che previene il cancro. Seguo gli alberi e il paesaggio è tutto uguale per un’altra ora. Poi iniziano le prime case, i primi casermoni a 5 piani. Poi quelli più grandi. Poi le industrie mi avvisano che stiamo arrivando a San Pietroburgo. La stazione è paragonabile a quella di Firenze in effetti mi aspettavo qualcosa di più grande. Ma c’e’ tutto, anche negozi. La persona che è venuta a prendermi è cordiale e con un inglese da brividi mi chiede di seguirlo.
Inizia la corsa folle per le vie di San Pietroburgo. Per chi non lo sapesse la ex Leningrado è una città nuova disegnata e fortemente voluta da Pietro I. La Russia imperiale zarista dei tempi voleva uno sbocco sul baltico sulla foce della Deva in realtà si erano insediati da diverso tempo gli svedesi che chiamavano questa terra “Ingemerlandia”. Prima per strategia e poi per passione. Pietro stabilì il primo pezzo della capitale su una isoletta del delta del Deva (sarà un delta o un estuario?). Per farla breve. Prese carta e penna e disegno una città da zero insieme ad architetti per lo più italiani. Il risultato è una città fantastica con una sensazione di spazio incredibile. Viali immensi. Lunghi, larghi. Un cifraio di palazzi, palazzetti, chiese di tutte le confessioni, edifici commerciali singolari. Il risultato è bello omogeneo è impressionante. Noi che veniamo dal concetto medievale di città che ha un centro con strade strette e piccole, con un sistema viario che ricalca il più delle volte il vizio concentrico delle cinta murarie delle varie epoche, ci troviamo senza fiato. Spazio con soluzione di continuità e ponti un sacco di ponti tutti monumentali. Mi spiega che i pedoni non esistono, dice che non devo fidarmi delle strisce pedonali perché nessuno si ferma. Di stare attento ai bus che sono quelli che corrono di più.
Dopo una doccia e ancora non ben conscio di dove sono andiamo verso il primo mega palazzo del giorno. Dovete sapere che qui ogni Zar che arrivava al trono per essere ricordato costruiva una sua residenza personale e c’era una competizione per chi si faceva il palazzo più bello. E ogni nuovo arrivato lo doveva costruire più bello e più sfarzoso dei suoi predecessori. Passo dal Palazzo di inverno sede del mitico museo Hermitage (http://www.hermitagemuseum.org/) y prendiamo la famosa Nievsky Prospekt. (citata anche da Battiato in una canzone) e usciamo dalla città. Il primo palazzo che visito è il famoso Petergof Questo è famoso per essere in riva al baltico ed avere i giochi d’acqua più spettacolari. Peccato che non sia ancora estate e malgrado splenda un sole quasi mediterraneo non sono ancora in funzione. Pazienza ho una foto di repertorio per voi. La tenuta è immensa. Il posto da brividi. Gli interni incredibili. Ed io che ero stato a Versailles (http://www.chateauversailles.fr/) e alla sua copia fedele Herrenchimsee (quella in Baviera fatta da Ludwing http://www.tuttobaviera.it/herrenchiemsee.html) mi rendo conto che sembra la casa della servitù in confronto a questa. Dopo tre ore di visita e passeggiata sfiancante. Mi appresto a visitare una delle chiese più belle di San Pietroburgo che sta giusto di fronte al palazzo.
Penso che una volta dentro potrò sedermi con calma prendere fiato e godermi l’ambiente Ortodosso.
C’è un problema. Nelle chiese ortodosse non ci sono mica le sedie come da noi.
Già perché la messa dura pochissimo. A parte farsi il segno della croce con la mano diversa dalla nostra. Gli ortodossi hanno un rituale diverso ma molto suggestivo. Devono assolutamente accendere una candela. Devono inchinarsi prima di entrare nella chiesa più volte. Abbassare il capo davanti al predicante. Il quale è va in giro cantando nenie molto simili a quelle di una moschea araba e tirando incenso. Cioè. E’ il prete che va tra i fedeli che sono in piedi in mezzo a una sala quasi sempre a circolo. La chiesa è bellissima ma in realtà la parte riservata al culto è molto piccola e accogliente. Ci si vede tutti e si vede terribilmente che sono un infiltrato cattolico. Però ovviamente nessuno mi dice niente. Nella chiesa un sacco di icone (mica quelle di Windows) tutte antiche e preziose con cornici d’oro.
Il prete insomma dopo aver fatto un giretto tra i fedeli. Si dirige su un pulpito e inizia a pregare. La cerimonia dura in tutto 10 minuti. Le donne si coprono il capo di bianco. Gli uomini pochissimi no.
Dovete sapere che fu proprio Pietro a rifondare la chiesa ortodossa Russa (lo devo approfondire però questo è quello che mi hanno detto i nativi) prima era obbligatorio per gli uomini di fede di portare la barba (anche questo mi ricorda i mussulmani) poi lui fece una campagna facendo tagliare tutte le barbe perché voleva una Russia di bella gente. Solo il Pope poteva farla in barba alla legge della barba.
Dopo la visita è la ora di pranzo. E cosa c’e’ di meglio che una bella mangiata in un ristorante Uzbeko?Mi portano una specie di pasta cotta con la carne di maiale tagliata a strisce saltata con pomodoro e eneldo (praticamente il prezzemolo dei russi c’e’ dappertutto) per concludere l’opera ci mettono mezzo uovo sodo e della cipolla cruda. Sarà la fame. Però mi sembra pure buono. Ovviamente la pasta è lontana dai nostri standard. Ma si sa. Noi Italiani siamo un po’ fanatici fino al punto che anche quando mordicchiamo le unghie ci aspettiamo che siano al dente.
L’Hermitage
Quando uno soffre di sindrome di Stendhal non dovrebbe andare all’Hermitage. «Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.” Marie-Henri Beyle (Stendhal).
http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Stendhal
Ci siamo. Sto per entrare nel palazzo d’inverno. O meglio nell’Hermitage. Volevano che fosse il Louvre russo, ci sono praticamente riusciti.
Io che da sempre sono appassionato di impressionismo so che la dentro ci sono Gaughain, Renoir, Cezanne e anche i post-impressionisti che contano Ricasso, Matisse solo per citarne alcuni oltre a ben 5 tele de io artista favorito Derrain.
Un brivido mi scende lungo la schiena. Io da circa dieci anni soffro di Sindrome di Stendalh prima visitavo musei e chiese con nonchalance da qualche tempo forse più consapevole e più interessato all’arte inizio a sentire disturbi davanti ad opere d’arte e altre pietre miliari della storia.
Ripercorro il sudore patito al Louvre, la sensazione di non poter respirare figlia delle mie diverse visite al museo D’Orsay o la sensazione di sgomento davanti alla “stele di rosetta” al British Museum.
La coda è sostenuta anche se non siamo davanti alle fiumane di gente che mi sono dovuto sopportare per entrare ai musei parigini.
Mezz’oretta e siamo dentro. Devo fingere di essere russo per evitare di pagare un biglietto molto più caro riservato agli “stranieri”.
I miei accompagnanti mi consigliano di togliere gli occhiali da sole, di levare le mani dalle tasche e di togliere la giacca “si vede che è Italiana”. Mi guardo allo specchio sembro un po’ Robert Langdon, un po’ un fesso, pero l’inganno funziona e posso entrare. All’entrata sequestrano tutte le bottigliette di plastica (paura di acidi) per fare le fotografie bisogna pagare un biglietto che costa di più. Avvisano in tutte le lingue possibili che in caso uno ne fosse sprovvisto e si accingesse a scattare foto o a fare riprese verrebbe immediatamente espulso dal museo. Vista la ora so da subito che non riuscirò a vedere tutto il museo e neanche a vedere quello che mi sono proposto dopo una selezione durata la sera precedente. Mi concentro sul terzo piano dove ci sono impressionisti e post-impressionisti, poi scenderò a vedere la sala italiana piena con due Madonne di Leonardo da Vinci, un Michelangelo, due Raffaello e svariati Tiziano e altri bellissimi quadri di cui posso andare orgoglioso. Le sale sono fantastiche soprattutto quelle del piano terra, in effetti ci troviamo in una reggia e la combinazione tra le sale e le opere esposte è sconvolgente.Mi aumentano i brividi e aumento la respirazione, sudo, ma non mollo. In alcune sale mi posso avvalere di sedie per i visitatori da cui contemplare queste opere d’arte.
Vola via il tempo ed iniziano a chiudere le sale. Le tento tutte per cercare di rimanere più a lungo. Ma niente da fare. Mi cacciano in malo modo. La chiusura delle sale avviene in modo sequenziale. E la gente si riversa nelle sale che rimangono aperte. Spostandosi lentamente. Il rumore delle porte che chiudono accompagnato da qualcosa che deve suonare simile ad “fuori dalle scatole” accompagna il resto della mia visita. Le ultime foto sulla grande scalinata ed siamo fuori. Prima di tutto. Mi siedo in un bar. Mi riprendo. Respiro profondamente. E ora di andare. Il programma prevede la visita ad un centro commerciale. Ne e’ passato di tempo da quando essere imprenditore era passibile di reato e c’era il mercato nero. La gente veniva a bussarti alla porta per venderti di tutto. E’ vero nei negozi non c’era molto ma nelle case c’era tutto. Uno scambio continuo. Succedeva che il farmacista chiamava il macellaio ed in cambio di aspirine aveva la carne per una settimana. Tutto con molta attenzione però perché la polizia era sempre in agguato. C’erano delle belle multe o semplicemente una segnalazione al partito voleva dire molto ai tempi. Insomma da quello che mi miei padroni di casa mi raccontano era come un 1984 di Orwell pero’ divertente. I libri si vendevano nei boschi. Un bisbiglio alla fermata del bus e capivi che nel bosco stavano vendendo libri proibiti. Erano cari ma chi li vendeva rischiava grosso. I dischi poi. Introvabili. Il partito ti passava proprio tutto anche le vacanze rigorosamente nella Unione Sovietica con pochi rubli andavi a farti un mese nel Mar Nero che e’ come dire Rimini da noi pero’ senza vu compra.
La vacanza era con “tutto compreso” pranzi, cene, spettacoli teatrali e attivita’ fisica (ovviamente obbligatoria). A noi sembra cosi’ assurdo ma a sentir loro era come DisneyLand.
Potevi pero’ chiedere di andare all’estero. Andavi dalla polizia e chiedevi semplicemente di andare a Parigi. Peccato che avessero sempre gli argomenti giusti per farti cambiare idea.
Sono nostalgici questi Russi ma sono ormai convinti che il Comunismo è un sistema che non puo’ piu’ funzionare. Gli faccio presente che in Italia abbiamo ben due partiti dei comunisti. Ridono. Dicono che li sto prendendo in giro.
Purtroppo no…

“Il centro commerciale Russo”

Ovviamente parcheggio davanti al centro. Come vi ho gia’ detto San Pietroburgo è la città dei sogni di ogni automobilista. Metti la macchina dappertutto, vialoni a cinque corsie. Poco traffico, sottomissione dei pedoni, insomma una pacchia.La prima sensazione è di trovarmi in un qualsiasi centro commerciale di Valencia o di Milano. Ma se guardo bene mi accorgo che e’ tutto scritto in cirillico. Anche McDonald è scritto in cirillico. Putin ha messo una legge per obbligare le insegne commerciali a cambiare anche i loro brand e di adattarli al cirillico
(http://www.ruska.it/edu/translitterazione_russa.html).

Gia’ mi immagino uno ZARA che diventa Зара un Benetton che per magilla diventa Бенеттон.La prima cosa che noto è che il livello è molto alto. Da quando sono nella consultoria e mi occupo di commercio faccio più caso alle vetrine e capisco quando vengono adottate tecniche di merchandising. Insomma altro che pezze al culo come si potrebbe immaginare.
Il livello è altissimo. La cosa che pero’ è piu’ sconvolgente è la vendita dichiarata di DVD e Videogiochi Pirata.
Ci sono in sto centro due negozi dove “sfacciatamente” vendono di tutto di più. Ovviamente ne aprofitto è compro per 4€ due DVD di concerti di Pat Metheny che su Amazon costano 40€ sono in NTSC mentre qui me li danno in Pal anche se il disco è un po’ diciamo bulk.
La mia compagna compra addirittura DVD con 5 o 6 film ovviamente tutti dell’anno scorso non ancora usciti in DVD. Poi i videogiochi.. e’ il massimo. Un cartello avverte che i videogiochi funzionano solo sulle Playstation modificate. Poi ci sono DVD con quatro o cinque blockbuster game a 9€ peccato che siano tutti rigorosamente in russo.

Ancora sconvolto. Esco e mi trovo davanti al Мак Дональдс. Non ve lo traduco perché avete gia’ capito che si tratta di hamburger americani e tanto tanto colesterolo. A parte essere un ammiratore del grande Roy Croc il fondatore di Mc Donald ogni tanto, lo ammetto, pur essendo un gourmande, mi piace spararmi un hamburger. Fortunatamente i nomi dei panini sono in inglese e risco a ordinare il mio Big Big Mac Menu’ con Coca Cola. Non ho mai capito, e forse e’ meglio non capirlo, come fanno questi a fare i panini uguali in tutto il mondo. Li ho mangiati dappertutto: USA, UK, Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Lettonia e perfino in Giappone mi mancava la Russia. E’ il momento di andare a fare la spesa. Dovete sapere che (mi viene fame solo a pensarlo) che entrare in un supermercato russo è un delirio di pane, salsicce e di pesce affumicato (buonissimo) c’e’ molta moltissima varietà i prezzi sono accessibili. Tutto molto buono. Per intenderci il bancone del pane è lungo tipo 15 metri tutto pieno delle cose più diverse. Una curiosità è dettata dal fatto che i vasetti di yogurt sono il doppio dei nostri. E’ curioso vedere un “Activia” grande come due vasetti insieme. O sono ingordi o è marketing russo. (http://www.activia.ru/) Alle casse vendono il tabacco ovviamente senza le minacce di morte che ci sono sui nostri pacchetti. Io non fumo però un po’ mi girano. Non so se dissuadono i fumatori.
Io metterei le stesse diciture sui prodotti cinesi. Scritte nere con corince nera: “Prodotti che vengono fabbricati in China sfruttando il lavoro minorile” oppure “Pericolo state comprando un prodotto fatto alla cazzo che costa poco e toglie posti di lavoro a noi europei”. Vediamo se così il consumatore si da una regolata. Anzi vediamo se i furbi importatori si controllano di più. Se tu fabbrichi degli occhiali in Cina e li assembli in Italia puoi scrivere «Made in Italy» questo è un assurdo de la legislazione europea. Comunque questa è un’altra storia.
A casa cena frugale a base di wusterazzi e birre varie e ovviamente yogurt.

Si torna a casa.. con la sensazione.. che pensavo di trovarmi un’altra Russia.. una gradevole sorpresa.